Qual è la differenza tra la Scuola di Equitazione Etica e le altre scuole di equitazione naturale o etologica?
Una domanda che di frequente ci viene posta da chi ancora ci conosce poco è proprio volta a capire meglio come la SEE-Scuola di Equitazione Etica si differenzi da tutte le altre scuole di equitazione ed in particolare da quelle di equitazione naturale o etologica, con le quali spesso veniamo confusi, da chi ha uno sguardo superficiale.
Apparentemente, infatti, alle persone che iniziano a conoscerci sembra più chiara la distinzione della SEE rispetto alle scuole tradizionali o ai classici sport equestri, soprattutto se ci si ferma soltanto alla superficie, osservando l’attrezzatura che impieghiamo come equipaggiamento per i cavalli, e soprattutto quella che non impieghiamo.
Poiché la SEE rifiuta l’uso di qualsiasi tipo di imboccatura – morso o filetto che sia – e dato che svolge attività con cavalli scalzi, ovvero privi di ferri ai piedi, essa viene comunemente definita “equitazione iron free”. L’essere “iron free” (letteralmente “liberi da ferri”) ci caratterizza ma non ci definisce in modo completo. L’attrezzatura che la SEE sceglie di impiegare nell’attività con i cavalli è infatti solo uno degli aspetti da prendere in considerazione, e anche piuttosto marginale, ovvero è la naturale conseguenza di ciò che sta alla base della nostra scuola, cioè i principi di eticità e l’approccio al cavallo.
I 3 principi che la SEE ha adottato sin dalla sua nascita come capisaldi in grado di garantire l’eticità di quanto insegnato si possono riassumere in:
1 – pratichiamo equitazione esclusivamente con cavalli che vivano in branco in ambienti idonei a garantirne il benessere psico-fisico;
2 – riconosciamo ai cavalli di essere, alla pari di noi umani, esseri senzienti in grado di pensare, immaginare, valutare, desiderare, provare emozioni e dotati di una mente il cui funzionamento di base è del tutto simile alla nostra ed è pertanto responsabile di ogni comportamento che viene espresso;
3 – riconosciamo l’individualità e l’unicità di ogni soggetto equino, in contrapposizione al considerarlo oggetto da utilizzare per i nostri scopi; infatti ricerchiamo con lui lo sviluppo di un rapporto in cui ci troviamo sullo stesso piano, dove la diversità sia non solo rispettata ma piuttosto valorizzata, in quanto capace di arricchire la relazione.
Già questi elementi contribuiscono a definire meglio la profonda differenza che contraddistingue la SEE da qualsiasi altra scuola di equitazione, essendo l’unica al momento, purtroppo, a preoccuparsi che vengano rispettate le caratteristiche di specie equina (socialità, vita all’aperto in ampi spazi, ecc.), da un lato, e, dall’altro lato, nel riconoscere al cavallo quanto le più recenti ricerche delle neuroscienze in ambito cognitivo animale hanno dimostrato.
In realtà, però, ciò che principalmente contraddistingue la SEE non sono tanto i suoi principi di eticità, quanto piuttosto ciò che la caratterizza sin dalle sue fondamenta e che sta su un piano più alto dell’attrezzatura impiegata, delle tecniche adottate, dei metodi di insegnamento, ecc.
Stiamo infatti parlando dell’approccio, ovvero del modo con cui si guarda all’interazione tra essere umano ed equino.
L’approccio etico adottato dalla SEE definisce a cascata i metodi proposti, il modo di utilizzare le tecniche, gli strumenti impiegati e la maniera di impiegarli. Ecco perché, pur utilizzando attrezzatura comune ad altre scuole, la differenza resta profonda: perché la distinzione è sul modo di impiegare questi strumenti, ovvero sulla visione che c’è nella mente di chi li usa.
L’approccio etico della SEE è un approccio cognitivo-relazionale, pertanto profondamente diverso sia dall’approccio della dominanza che vede il cavallo come un oggetto da utilizzare (“quale cavallo uso?”, in molti lo dicono ancora!), oppure un essere inferiore da sottomettere, che dall’approccio gentilista condiviso dalle scuole di equitazione naturale e etologica le quali, con un sistema di stimoli e rinforzi mirano all’ottenimento del comportamento desiderato (dall’uomo).
L’approccio cognitivo definisce un modo di interpretare i comportamenti come frutto dell’espressione dello stato interno del soggetto, quindi non un prodotto di automatismi ma bensì della concretizzazione dei suoi stati mentali, emozioni, vissuti, percezioni ecc.. Secondo questo approccio il cavallo è considerato un individuo con caratteristiche e risorse personali uniche, in grado di scegliere per sé stesso. L’esperienza che il cavallo fa del mondo, quindi la costruzione del suo bagaglio evolutivo personale, è un processo attivo di cui egli stesso è protagonista.
L’approccio cognitivo è un approccio sistemico e non analitico perché implica la partecipazione complessiva della mente, intesa come l’insieme di emozioni, percezioni, esperienze, intuito, credenze, desideri ecc., ossia di un sistema che integra in modo dinamico tutte le risorse e che deve trovare un equilibrio sistemico ogni volta che vede il modificarsi di una di queste o la costruzione di una nuova. In quest’ottica l’apprendimento è visto come un’evoluzione globale dell’individuo e non come una costruzione di associazioni separate tra loro.
L’approccio relazionale sottolinea l’intento di voler ricercare un rapporto di tipo relazionale con il cavallo e di porlo al centro di ogni incontro con lui. La zooantropologia è la moderna scienza che studia sia le caratteristiche specifiche della relazione tra uomo ed animale non umano (ciò che la distingue dalle relazioni tra conspecifici), sia le caratteristiche referenziali del rapporto tra specie diverse (il modo in cui questo rapporto favorisce un’evoluzione soggettiva sulla base delle modalità relazionali che vengono attivate. Secondo questo approccio è la relazione stessa a fare da mediatore evolutivo, cioè ciò che connette il cavallo al mondo, indirizzando e sostenendo il suo percorso di crescita, sollecitando alcune direzioni e inibendone altre.
Pertanto, l’approccio etico di tipo cognitivo-relazionale guarda al soggetto equino nella sua unicità e diversità e lo individua come parte di una relazione con l’umano in cui entrambi realizzano la propria crescita evolutiva nel mondo.
Di conseguenza, l’obiettivo della didattica proposta dalla SEE si discosta nettamente dalla produzione di prestazioni e si concentra sulla crescita del sistema relazionale a 360°.
Questo significa che gli obiettivi da porsi non sono i singoli e determinati comportamenti prodotti, bensì lo sviluppo delle capacità del sistema in termini di adattamento e adattabilità al mondo.